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Gruppo supporto per FASD in memoria di Valentina

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Raccolta fondi per AIDEFAD - APS in ricordo di Valentina
Valentina Debiasi era una donna meravigliosa e mamma di Davide, ragazzo con FASD adottato in Ucraina. Dopo la diagnosi di Davide, Valentina ha dedicato l'ultima parte della sua vita ad aiutare suo figlio e altri giovani con FASD collaborando con l’Associazione Italiana Disordini da Esposizione Fetale ad Alcol e/o Droghe (AIDEFAD - APS). Per ricordare Valentina e l’importantissimo percorso fatto con lei nell’ottenimento della prima diagnosi in Italia di FASD in un adulto, nel secondo anniversario dalla sua scomparsa, vogliamo oggi lanciare una raccolta fondi per realizzare un gruppo sperimentale di supporto per persone con FASD. Tale progetto vuole essere la concretizzazione del grande impegno di Valentina nella comprensione e diffusione di informazioni sullo Spettro dei Disordini Feto Alcolici. Valentina, infatti, aveva ben capito che la diagnosi era solo il punto di partenza e che era fondamentale che le persone con FASD siano seguite e supportate da professionisti che conoscano bene l’unicità di questa condizione.

Cosa è la FASD
Il termine Spettro dei Disordini Feto Alcolici (FASD) indica una serie di patologie e problemi che possono colpire le persone che sono state esposte all’alcol durante la gravidanza. La FASD comprende manifestazioni cliniche di diversa entità e gravità, quali ritardo della crescita, malformazioni e, soprattutto, anomalie neuro-comportamentali. La forma più grave e riconoscibile di FASD è la Sindrome Feto-Alcolica (FAS).

Fin dalla prima infanzia, i bambini con FASD possono manifestare diverse problematiche cognitive e comportamentali, tra cui problemi di linguaggio, difficoltà di attenzione, difficoltà di memoria e di apprendimento, compromissione delle funzioni esecutive, impulsività. Durante l’adolescenza e in età adulta compaiono le disabilità secondarie, che possono compromettere in modo drammatico la vita della persona con FASD e della sua famiglia: problemi di salute mentale, impossibilità ad avere una vita autonoma, fallimento scolastico, problemi con il lavoro, problemi con la legge, comportamenti sessuali inappropriati, dipendenza da alcol e droghe*.

A livello mondiale, si stima che circa una persona su cento abbia la FASD***. Nonostante ciò, la FASD spesso non è riconosciuta e le sue caratteristiche vengono attribuite ad altre patologie: per questo viene definita una 'disabilità invisibile'.
Non c’è una cura per la FASD, ma l’identificazione e la diagnosi precoce permettono di fornire ai bambini che ne sono affetti servizi e forme di assistenza e supporto mirati, limitando la comparsa delle disabilità secondarie. Il non corretto riconoscimento diagnostico delle persone con FASD porta a trattamenti inadeguati, con costi enormi a carico del sistema sanitario e gravi danni al sistema sociale.

Riconoscere e diagnosticare la FASD consente una presa in carico che miri alla individuazione di strategie per affrontare i deficit e rinsaldare i punti di forza, conducendo le persone verso la maggiore consapevolezza e autonomia possibili.


Cosa puoi fare tu oggi per contribuire
Attualmente, la maggior parte delle persone con FASD arriva all’età adulta senza la diagnosi o con una diagnosi tardiva, portando quindi con sé un bagaglio di incomprensioni, diagnosi sbagliate, sofferenze, ostacoli che coinvolgono anche la famiglia e l’ambiente sociale.

Spesso le persone adulte con FASD pensano che non ci sia speranza per il loro futuro, mentre, invece, forme di sostegno e supporto adeguato possono cambiare anche radicalmente il corso della loro esistenza.

Tra le varie modalità per sostenere le persone on FASD, le attività di gruppo possono essere una risorsa importante da attivare per migliorare le loro condizioni di vita. Con questa campagna chiediamo oggi il tuo prezioso contributo per costituire il primo gruppo sperimentale in Italia di aiuto e formazione dedicato interamente a giovani adulti con FASD.

Tale gruppo verrà moderato da uno psicologo specializzato in FASD e avrà lo scopo di fornire assistenza psicologica nonché di accompagnare i partecipanti nel percorso di elaborazione della propria diagnosi.

Il gruppo sarà composto da 8-10 giovani con FASD che parteciperanno all’iniziativa da diverse città italiane. Si incontreranno settimanalmente in remoto e qualora possibile anche di persona per confrontarsi tra di loro e farsi da spalla.

Ma lasciamo la parola a Davide: “A me piacerebbe veramente mettermi alla pari insieme ad altri ragazzi come me che hanno le mie stesse difficoltà. Mi piacerebbe mettermi in gioco e capire e scoprire i loro punti di forza e di come loro ne escono vincitori dai loro momenti di crisi o di sconforto. Un grazie a tutti coloro che sono in prima linea con me, per migliorare la mia vita in meglio”.

Con una piccola donazione puoi oggi fare la differenza. Per sostenere questa campagna puoi anche condividere la pagina su Facebook, Instagram e Whatsapp per coinvolgere i tuoi amici.


L’Associazione
AIDEFAD è nata il 9 settembre 2018 su iniziativa di Claudio Diaz, adulto con FASD, ed è la prima e al momento l’unica associazione di persone e famiglie con FASD in Italia. Se vuoi più informazioni sull'Associazione e su cosa sia la FASD seguici al nostro sito: www.aidefad.it.


Grazie
Grazie per credere in questa importante iniziativa. Questo è senza dubbio il miglior modo per ricordare la persona meravigliosa, donna coraggiosa, determinata, intelligente e sensibile che era la nostra Valentina. In più, per i nostri amici che si trovano a Bolzano e dintorni, verrà celebrata una messa in memoria di Valentina alle ore 18:00 del 10 settembre 2022 presso la Chiesa di Regina Pacis.



Testimonianza di Davide
Se vuoi capire più concretamente cosa significhi vivere con la FASD, leggi qui la testimonianza di Davide, figlio di Valentina:

“Mi chiamo Davide e ho 24 anni. Sono stato adottato dall’Ucraina quando avevo 3 anni e mezzo e, fin da subito sono stato seguito dal servizio psicologico della neuropsichiatria infantile e dell’età evolutiva. A 15 anni circa, ho poi iniziato a prendere il mio primo psicofarmaco, il Ritalin, in seguito ad una diagnosi di ADHD. Avevo continui attacchi di panico e tachicardia (erano effetti collaterali). Dopodiché, all’età di 18 anni sono stato preso in carico dal Centro di Salute Mentale (CSM) e ho iniziato una terapia farmacologica più ampia.

Fino ai 16 anni, non volevo proprio saperne delle mie origini. Se solo sentivo parlare di adozione, mi chiudevo in me stesso o cambiavo immediatamente argomento. Avevo paura perché era un tema molto difficile e complicato per me. Ho iniziato a parlarne pian piano, all’inizio facevo molta difficoltà, ma poi l’interesse cresceva e cresceva, fino a quando non ho iniziato a parlarne apertamente con i miei amici d'infanzia e con la mia famiglia. Mi ricordo che per parlarne con i miei familiari, avevo bisogno di vedere le foto passate sull’Ucraina e sulla mia adozione.

Ho iniziato la scuola un anno più tardi rispetto agli altri della mia età. Avevo quasi sempre bisogno dell’assistente a scuola, perché avevo grossi problemi di balbuzia (ora per fortuna superati) e non riuscivo a concentrarmi e a seguire le lezioni. In adolescenza ero un “ribelle”. Ero timido e spesso per piacere ai miei compagni, ne combinavo sempre una. Ammetto che ho sofferto di bullismo alle medie e alle superiori, ma questo purtroppo non mi ha evitato di compiere comportamenti simili qualche anno dopo.

A casa litigavo quasi sempre con i miei; dovevo essere sempre seguito dalla mamma per i compiti e questo non mi permetteva di essere autonomo. Volevo iniziare ad avere la mia indipendenza sia nello studio che nelle uscite con la mia compagnia di amici dell’epoca.

All’età di 18 anni ho iniziato un nuovo percorso riabilitativo e ho avuto la mia prima presenza nel reparto di psichiatria. Lì ero abbastanza tranquillo, solo che a livello emotivo ero molto debole, soprattutto quando vedevo ragazzi della mia età o più grandi essere legati al letto per una qualche crisi personale. Dopo 1 mese di ricovero in SPDC, sono stato ricoverato a Villa Santa Giuliana a Verona. In questo centro ci sono rimasto per 1 mese e mezzo per poi essere trasferito alla mia prima comunità a Como, dove ci sono rimasto per 8 mesi. Dopodiché, passati gli 8 mesi, sono stato dimesso e sono tornato a casa dalla mia famiglia. Sentivo nell’aria un profumo di libertà, che però durò ben poco: quando mi sono accorto che stavo di nuovo cadendo nella mia crisi, ho scelto volontariamente di essere trasferito nuovamente a Verona e successivamente alla mia seconda comunità: ad Arco.

Sono arrivato ad Arco l’11 Dicembre 2018. Inizialmente mi sentivo spaesato, a disagio e timido, perché non conoscevo nessuno e avevo bisogno di parlare con qualcuno per sfogarmi per diverse problematiche che avevo all’epoca.

Reagivo in maniera molto impulsiva e non pensavo alle conseguenze. Inizialmente riuscivo a moderare il mio comportamento e riuscivo a seguire tutte le attività assegnate. Ma dopo qualche mese, iniziai ad avere un atteggiamento scontroso verso pazienti ed operatori. Le crisi di rabbia erano frequenti e per sfogare la mia frustrazione tiravo pugni sui muri o sulle porte, però, in quei pochi momenti di lucidità chiedevo quasi sempre di assumere la terapia al bisogno o alcune volte preferivo farmi fare una fiala di Entumin per evitare di fare danni.

Nel primo periodo, non credevo che questa comunità era adatta a me e alle mie esigenze, anzi mi agitavo molto. Non volevo avere nulla a che fare con nessun altro compagno perché sentivo di non potermi fidare.

In primavera ho iniziato ad avere degli atteggiamenti scontrosi contro il personale, avevo fatto amicizia con due ragazzi e quindi mi sentivo forte in quanto appartenente ad un gruppo. Iniziai ad alzare la voce contro gli operatori, a sfidarli, e a non seguire più le regole. Quindi dopo una serie di episodi spiacevoli, sono stato allontanato in un’altra comunità: ad Albarè.

Dopo un breve periodo, sono stato dimesso perché ho avuto una crisi di rabbia molto forte e gli operatori non sapevano più gestirmi. Così, con una “temporanea” dimissione, ho avuto l'occasione di tornare temporaneamente a casa dalla mia famiglia.

Con il trascorrere del tempo a casa, la mamma si interessò tramite qualche associazione e ricerche su internet, per trovare una giusta diagnosi per me, perché finora, non ci rispecchiavamo in nulla di ciò che i dottori mi avevano comunicato. Da quando ho 16 anni, infatti, ho ricevuto almeno 5 diagnosi, nessuna delle quali era calzante. La mamma arrivò così al sito di AIDEFAD e contattò l’associazione. Parlò a lungo con il suo presidente, Claudio Diaz, che ci indirizzò a Roma, più specificatamente al CRARL (Centro di Riferimento Alcologico della Regione Lazio) del Policlinico Umberto I. Fu la volta di una nuova diagnosi. Detto con molta sincerità, sono innamorato di Roma e quindi non mi ha fatto per niente male rivedere quella magnifica città. Appena arrivato a Roma con la mamma, ho iniziato a riflettere sul mio passato e su quale fosse realmente in mio problema, ragionando anche su quali fossero le motivazioni che mi avevano spinto a compiere dei comportamenti sbagliati nelle varie comunità e in general nella vita. Mi chiedevo quasi sempre: “Come faccio a dimostrare a chi mi sta intorno la mia voglia di riscatto?”.

Al giorno della diagnosi io mi sentivo molto agitato, ma con una sorpresa che non mi sarei aspettato, durante i test e i colloqui, mi hanno detto: “Davide, non è colpa tua”.

In quel giorno mi diagnosticarono l’ARND (Disturbo dello sviluppo neurologico associato all’alcol), la mia nuova diagnosi. E’ stato un sollievo pensare che non ero incanalato nelle diagnosi precedenti come ad esempio di Disturbo Borderline di Personalità o diagnosi simili. Non sarei riuscito a riconoscermi per l’ennesima volta, ma invece stavolta fu diverso.

E in quel preciso istante è come se la mia testa avesse fatto “click” e ho iniziato a ripetermi: “Davide, ce la puoi fare a riscattarti!”. Così, il direttore sanitario ha chiamato la mamma per chiederle come andava e in quella telefonata ho scoperto che la comunità mi avrebbe dato una seconda possibilità. Un nuovo ricovero, partendo completamente da zero. Ho accettato le condizioni che mi erano state presentate e da quel momento è iniziata la mia salita verso la serenità.

Ho ricominciato da zero, dal riprogrammare gli obiettivi, alle uscite programmate solo con operatori, all’essere inserito nelle mansioni giornaliere per essere utile alla comunità. Mi sono presentato come un ragazzo nuovo, senza aver bisogno di quelle tipiche scenate imbarazzanti (che un paio di anni fa avrei fatto) e riuscendo a gestire alti livelli di stress (cosa che un paio di anni fa non immaginavo sarebbe stato possibile fare). Il personale mi ha accolto con entusiasmo, e così ho iniziato il percorso nel migliore dei modi. Con il passare del tempo, ho scoperto che più andavo avanti bene, più venivo gratificato e premiato, come con le uscite di gruppo in paese, o quando mi è stato proposto di iniziare a cucinare per me e per chiunque avessi voluto invitare da noi a cena. Ho anche scoperto che il personale era mio alleato per i momenti difficili e quindi potevo parlare con gli operatori (cosa che sempre un paio di anni prima, non avrei nemmeno pensato!).

Oggi, dopo due anni di comunità, posso dire che ho imparato molto dalle lezioni che la mia vita mi ha messo davanti. Tutt’oggi, ho molta più libertà rispetto a un anno fa: ad esempio sono stato dimesso da Arco per tornare nella mia città in un alloggio protetto, e sono libero di passeggiare per la città in qualsiasi momento io voglia farlo, inoltre, gli operatori ti lasciano molta più autonomia e libertà, perchè è una comunità studiata apposta al raggiungimento dell’autonomia abitativa dell’utente.

Da circa un paio d’anni sono in contatto con Claudio Diaz, presidente dell’associazione AIDEFAD e devo dire che mi ha aiutato molto a spronarmi per fare sempre meglio, fino alla grande soddisfazione dell'intervista fatta con mia mamma online che può ancora essere vista su youtube

Anche lui vede dei cambiamenti in me, ad esempio, da quando biascicavo le parole al telefono per magari aver preso una dose alta di psicofarmaci ad adesso, che prendo una terapia farmacologica abbastanza equilibrata.

Oggi mi sento un ragazzo nuovo, con pochi pensieri negativi e molte aspirazioni. Anche perché un anno fa, non avevo queste libertà, perché non ero lucido mentalmente, per colpa delle mie crisi di rabbia.

Ringrazio mia madre, per tutti gli sforzi che ha fatto per rendere migliore la mia vita. Purtroppo un tumore al cervello l’ha portata via due anni fa, ma lei rimarrà per sempre nel mio cuore e le sue radici di saggezza e di amore rimarranno per sempre impiantate nella mia anima. Grazie mamma per tutto quello che hai fatto per me, e per aver combattuto fino alla fine dei tuoi giorni per salvarmi la vita da quell’inferno che solo io e te conoscevamo.
Nonostante il tremendo dolore per la perdita della mamma, sto continuando con il mio percorso. Nell’ultimo anno ho fatto qualche esperienza lavorativa in un laboratorio protetto. Devo ammettere che non è stata una cosa semplicissima. In quel periodo però, mi sono imbattuto in qualche articolo online sul ruolo di Esperto tra Pari e ne sono rimasto istantaneamente affascinato. Ho così fatto qualche ricerca sul tema, per poi iscrivermi ad un corso intensivo al termine del quale ho ricevuto una certificazione che mi permette di svolgere servizi in questo campo sul territorio nazionale. Al momento sono volontario come Esperto tra Pari presso una comunità di minori a Bolzano. Sono solo all’inizio del percorso ma sento che ho di fronte a me un sacco di tappe positive e mi sveglio ogni giorno con una forte passione verso la mia missione di condividere la mia storia e aiutare le persone in difficoltà con un percorso simile al mio.

Un grazie a tutti coloro che sono in prima linea con me, per migliorare la mia vita in meglio.”

English version

Fundraising for AIDEFAD - APS in memory of Valentina
Valentina Debiasi was a wonderful woman and mother of Davide, a boy with FASD adopted in Ukraine. After Davide's diagnosis, Valentina dedicated the last part of her life to helping her son and other young people with FASD by collaborating with the Italian Association of Fetal Exposure Disorders to Alcohol and / or Drugs (AIDEFAD-APS). To remember Valentina and the very important journey made with her in obtaining the first diagnosis in Italy of FASD in an adult, on the second anniversary of her death, today we want to launch a fundraiser to create an experimental support group for people with FASD. This project aims to be the realization of Valentina's great commitment in understanding and disseminating information on the Spectrum of Fetal Alcoholic Disorders. Valentina, in fact, had well understood that the diagnosis was only the starting point and that it was essential that people with FASD be followed and supported by professionals who are well aware of the uniqueness of this condition.

What is FASD
The term Spectrum of Fetus Alcoholic Disorders (FASD) indicates a series of diseases and problems that can affect people who have been exposed to alcohol during pregnancy. FASD includes clinical manifestations of varying magnitude and severity, such as growth retardation, malformations and, above all, neuro-behavioral abnormalities. The most severe and recognizable form of FASD is Fetus Alcoholic Syndrome (FAS).

From early childhood, children with FASD can manifest various cognitive and behavioral problems, including speech problems, attention difficulties, memory and learning difficulties, impaired executive functions, impulsivity. During adolescence and adulthood, secondary disabilities appear, which can dramatically affect the life of the person with FASD and his family: mental health problems, inability to have an independent life, school failure, problems with work, problems with the law, inappropriate sexual behavior, addiction to alcohol and drugs *.

Worldwide, it is estimated that around one in 100 people have FASD ***. Despite this, FASD is often not recognized and its characteristics are attributed to other pathologies: for this reason it is defined as an 'invisible disability'.
There is no cure for FASD, but early identification and diagnosis make it possible to provide affected children with targeted services and forms of assistance and support, limiting the appearance of secondary disabilities. The incorrect diagnostic recognition of people with FASD leads to inadequate treatments, with enormous costs for the health system and serious damage to the social system.

Recognizing and diagnosing FASD allows for a management that aims at identifying strategies to address deficits and strengthen strengths, leading people towards the greatest possible awareness and autonomy.


What can you do today to contribute
Currently, most people with FASD reach adulthood without a diagnosis or with a late diagnosis, thus bringing with them a baggage of misunderstandings, wrong diagnoses, suffering, obstacles that also involve the family and the social environment.

Often adults with FASD think that there is no hope for their future, while, instead, forms of support and adequate support can also radically change the course of their existence.

Among the various ways to support people on FASD, group activities can be an important resource to be activated to improve their living conditions. With this campaign, today we ask for your precious contribution to set up the first experimental group in Italy of help and training entirely dedicated to young adults with FASD.

This group will be moderated by a psychologist specialized in FASD and will have the purpose of providing psychological assistance as well as accompanying the participants in the process of elaborating their own diagnosis.

The group will consist of 8-10 young people with FASD who will participate in the initiative from various Italian cities. They will meet weekly remotely and if possible also in person to confront each other and act as a sidekick.

But let's leave the floor to Davide: “I would really like to get on an equal footing with other guys like me who have the same difficulties as me. I'd like to get involved and understand and discover their strengths and how they come out victorious from their moments of crisis or despair. Thanks to all those who are on the front line with me, to improve my life for the better ”.

With a small donation you can make a difference today. To support this campaign you can also share the page on Facebook, Instagram and Whatsapp to involve your friends.


The Association
AIDEFAD was born on 9 September 2018 on the initiative of Claudio Diaz, an adult with FASD, and is the first and currently the only association of people and families with FASD in Italy. If you want more information about the Association and what FASD is, follow us on our website: www.aidefad.it.


Thank you
Thank you for believing in this important initiative. This is undoubtedly the best way to remember the wonderful person, courageous, determined, intelligent and sensitive woman that was our Valentina. In addition, for our friends who are in Bolzano and surroundings, a mass in memory of Valentina will be celebrated at 18:00 on 10 September 2022 at the Church of Regina Pacis.



Testimony of Davide
If you want to understand more concretely what it means to live with the FASD, read here the testimony of Davide, Valentina's son:

“My name is Davide and I am 24 years old. I was adopted in the Ukraine when I was 3 and a half years old and I was immediately followed by the psychological service of child and developmental neuropsychiatry. At about 15, I then started taking my first psychiatric drug, Ritalin, following a diagnosis of ADHD. I had constant panic attacks and rapid heartbeat (these were side effects). After that, at the age of 18 I was taken care of by the Mental Health Center (CSM) and I started a wider drug therapy.

Until I was 16, I really didn't want to know where I came from. If I only heard about adoption, I would withdraw into myself or immediately change the subject. I was afraid because it was a very difficult and complicated subject for me. I started talking about it slowly, at first I was having a lot of difficulty, but then interest grew and grew, until I started talking about it openly with my childhood friends and my family. I remember that in order to talk about it with my family, I needed to see past photos of Ukraine and my adoption.

I started school a year later than others my age. I almost always needed an assistant at school, because I had severe stuttering problems (now fortunately overcome) and I was unable to concentrate and follow the lessons. In adolescence I was a "rebel". I was shy and often to please my mates, I always combined one. I admit that I suffered from bullying in middle and high school, but unfortunately this did not prevent me from engaging in similar behaviors a few years later.

At home I almost always quarreled with my parents; I always had to be followed by my mother for homework and this did not allow me to be independent. I wanted to start having my independence both in the study and in going out with my company of friends of the time.

At the age of 18 I started a new rehabilitation process and I had my first presence in the psychiatry ward. I was pretty quiet there, only emotionally I was very weak, especially when I saw kids my age or older being tied to the bed for some personal crisis. After 1 month of hospitalization in the SPDC, I was hospitalized in Villa Santa Giuliana in Verona. I stayed in this center for 1 month and a half before being transferred to my first community in Como, where I stayed there for 8 months. After that, after 8 months, I was discharged and returned home to my family. I could smell a scent of freedom in the air, which however did not last long: when I realized that I was falling into my crisis again, I voluntarily chose to be transferred back to Verona and subsequently to my second community: in Arco.

I arrived in Arco on 11 December 2018. Initially I felt disoriented, uncomfortable and shy, because I didn't know anyone and I needed to talk to someone to let off steam for various problems I had at the time.

I reacted very impulsively and did not think about the consequences. Initially I was able to moderate my behavior and I was able to follow all the assigned activities. But after a few months, I began to have a grumpy attitude towards patients and operators. The fits of anger were frequent and to vent my frustration I threw punches on the walls or doors, however, in those few moments of lucidity I almost always asked to take the therapy as needed or sometimes I preferred to have a vial of Entumin to avoid do damage.

In the first period, I did not believe that this community was suitable for me and my needs, on the contrary I was very agitated. I didn't want to have anything to do with any other mate because I felt I couldn't trust.

In the spring I started to have grumpy attitudes against the staff, I had made friends with two guys and therefore I felt strong as belonging to a group. I began to raise my voice against the operators, to challenge them, and to no longer follow the rules. So after a series of unpleasant episodes, I was expelled to another community: in Albarè.

After a short time, I was discharged because I had a very strong anger crisis and the operators no longer knew how to manage me. Thus, with a "temporary" discharge, I had the opportunity to temporarily return home to my family.

As I spent time at home, my mother became interested through some associations and internet searches, to find a correct diagnosis for me, because so far, we did not reflect in anything that the doctors had communicated to me. In fact, since I was 16, I have received at least 5 diagnoses, none of which were suitable. The mother thus arrived at the AIDEFAD website and contacted the association. You spoke at length with its president, Claudio Diaz, who directed us to Rome, more specifically to the CRARL (Center of Alcoholic Reference of the Lazio Region) of the Policlinico Umberto I. It was the turn of a new diagnosis. Said very sincerely, I am in love with Rome and therefore it did not hurt me at all to see that magnificent city again. As soon as I arrived in Rome with my mother, I began to reflect on my past and on what was really my problem, also thinking about the reasons that had led me to carry out wrong behaviors in the various communities and in general in life. I almost always asked myself: "How can I show my desire for redemption to those around me?".

On the day of the diagnosis I felt very agitated, but with a surprise that I would not have expected, during the tests and interviews, they told me: “Davide, it's not your fault”.

On that day, I was diagnosed with ARND (Alcohol-Associated Neurological Development Disorder), my new diagnosis. It was a relief to think that I was not channeled into previous diagnoses such as Borderline Personality Disorder or similar diagnoses. I would not have been able to recognize myself for the umpteenth time, but this time it was different.

And in that precise moment it is as if my head had made a “click” and I started repeating to myself: “Davide, you can do it to redeem yourself!”. So, the medical director called my mom to ask how she was doing and in that phone call I found out that the community would give me a second chance. A new hospitalization, starting completely from scratch. I accepted the conditions that had been presented to me and from that moment my climb towards serenity began.

I started from scratch, from rescheduling goals, to scheduled outings only with operators, to being included in daily tasks to be useful to the community. I introduced myself as a new guy, not needing those typical embarrassing scenes (which I would have done a couple of years ago) and being able to manage high levels of stress (which a couple of years ago I didn't know would be possible). The staff welcomed me with enthusiasm, and so I started the journey in the best way. Over time, I discovered that the better I went, the more gratified and rewarded I was, as with group outings in the country, or when I was asked to start cooking for myself and for anyone I wanted to invite us to. dinner. I also found that the staff were my ally for difficult times and therefore I could talk to the operators (which always a couple of years before, I would not have even thought!).

Today, after two years of community, I can say that I have learned a lot from the lessons that my life has put before me. Even today, I have much more freedom than a year ago: for example, I was discharged from Arco to return to my city in a protected accommodation, and I am free to walk around the city at any time I want to. they leave you much more autonomy and freedom, because it is a community designed specifically to achieve the autonomy of the user.

For about a couple of years I have been in contact with Claudio Diaz, president of the AIDEFAD association and I must say that he helped me a lot to encourage me to do better and better, up to the great satisfaction of the interview done with my mom online which can still be view on youtube

He too sees changes in me, for example, from when I slurred words on the phone for maybe having taken a high dose of psychiatric drugs to now, that I take a fairly balanced drug therapy.

Today I feel like a new guy, with few negative thoughts and many aspirations. Also because a year ago, I did not have these freedoms, because I was not mentally lucid, due to my fits of anger.

I thank my mother, for all the efforts she has made to make my life better. Unfortunately a brain tumor took her away two years ago, but she will remain forever in my heart and her roots of wisdom and love will remain forever implanted in my soul. Thank you mom for everything you have done for me, and for fighting until the end of your days to save my life from that hell that only you and I knew.
Despite the tremendous pain of losing my mother, I am continuing with my journey. In the last year I have had some work experience in a protected laboratory. I must admit that it was not a very simple thing. At that time, however, I came across some online articles about the role of Peer Expert and I was instantly fascinated. So I did some research on the subject, and then enrolled in an intensive course at the end of which I received a certification that allows me to carry out services in this field on the national territory. At the moment I am a volunteer as a Peer Expert in a community of minors in Bolzano. I am only at the beginning of the journey but I feel that I have a lot of positive milestones in front of me and I wake up every day with a strong passion towards my mission to share my story and help people in difficulty with a similar path to mine .

Thanks to everyone who is on the front line with me, to improve my life for the better. "



Note
* Streissguth AP, Barr HM, Kogan J, Bookstein FL. Understanding the Occurrence of Secondary disabilities in Clients with Fetal Alcohol Syndrome (FAS) and Fetal Alcohol Effects (FAE). Final report, Centers for Disease Control and Prevention Grant No. R04/CCR888515. August 1996.
** Survey sulla popolazione del personale sanitario e sociosanitario dedicato al percorso nascita ed età evolutiva dell’Ospedale Ca’ Foncello di Treviso, dell’Ospedale Civile di Oderzo e del Distretto di Treviso dell’attuale Azienda ULSS 2 “Marca Trevigiana” nei mesi di marzo/luglio 2009.
*** Popova S, Lange S, Probst C, Gmel G, Rehm J. Estimation of national, regional, and global prevalence of alcohol use during pregnancy and fetal alcohol syndrome: a systematic review and meta-analysis. Lancet Glob Health. 2017;5(3):e290-e299.
**** May PA, Fiorentino D, Coriale G, Kalberg WO, Hoyme HE, Aragón AS, Buckley D, Stellavato C, Gossage JP, Robinson LK, Jones KL, Manning M, Ceccanti M. Prevalence of children with severe fetal alcohol spectrum disorders in communities near Rome, Italy: new estimated rates are higher than previous estimates. Int J Environ Res Public Health. 2011;8(6):2331-51.

Donations 

  • Roberta Bertolini
    • €50
    • 2 yrs
  • Cristiana Patara
    • €50
    • 2 yrs
  • Anonymous
    • €50
    • 2 yrs
  • Anonymous
    • €50
    • 2 yrs
  • Ingrid Pallua
    • €30
    • 2 yrs

Organizer and beneficiary

Christian Pisetta
Organizer
Milan, LM
Claudio Diaz
Beneficiary

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