L'ultimo viaggio di Ousmane. Da Campolongo a Kita
Il 14 agosto 2021 alle 19.00 Ousmane Traorè è morto. Investito mentre tornava a casa alla fine di una settimana di lavoro nei campi.
Oramai da un anno viveva e lavorava a Campolongo, il ghetto della Piana del Sele, dove tra l’abbandono delle istituzioni e lo sfruttamento dei migranti si producono le cosiddette “eccellenze agricole” campane.
Ousmane era un 26enne Maliano, arrivato in Italia nel 2017 attraverso la rotta Mediterranea e spedito in un centro d’accoglienza nel cuore della Sardegna. Dopo anni ad attendere un documento è stato “diniegato”: la sua domanda di asilo è stata rigettata e in teoria avrebbe dovuto lasciare l’Italia e tornare in Mali, alla povertà endemica e ai conflitti da cui era scappato. Aveva quindi fatto ricorso per chiedere di riesaminare la sua domanda d’asilo. Ma nel frattempo doveva provvedere a sé stesso e tentare di mandare qualcosa alla sua famiglia. Ousmane aveva allora deciso di lasciare la Sardegna diventando un bracciante agricolo. Era arrivato a Campolongo dove migliaia di migranti per 30 euro al giorno si svegliano alle 4 del mattino, escono dai loro ghetti e percorrono svariati chilometri per andare a lavorare la rucola e le insalate che troviamo imbustate nei supermercati di mezza Europa. Le strade dissestate, le macchine che sfrecciano, le lunghe distanze e la mancanza di percorsi sicuri, spesso portano i braccianti ad affidarsi ai cosiddetti caporali per andare a lavoro.
Ousmane no.
Si muoveva con la sua bicicletta per mantenere indipendenza e non piegarsi a un sistema che gli decurta la già misera paga quotidiana. E quella sua voglia di indipendenza gli è stata fatale. Poco prima di arrivare a casa, in via Campolongo, a pochi metri da un ospedale senza pronto soccorso, Ousmane è stato travolto da un’auto che nemmeno lo aveva visto.
Quando le ambulanze sono arrivate già non c’era più nulla da fare.
Ousmane dal suo arrivo in Italia è stato invisibile per il sistema d’accoglienza, è stato invisibile il suo lavoro, e invisibile è stata anche la sua morte.
L’associazione Frontiera Sud che opera sul territorio della Piana del Sele per i diritti dei lavoratori migranti insieme all’associazione Manden, punto di riferimento della comunità Maliana nella regione Campania, ha pensato che non fosse possibile che Ousmane rimanesse invisibile anche dopo la sua morte. È stata fatta una denuncia per omicidio stradale ma i tempi della giustizia non sono compatibili con le esigenze di una comunità che sta piangendo un suo figlio.
Non vogliamo che Ousmane venga seppellito in una tomba anonima nel luogo che lo ha ucciso. Vogliamo invece che la sua famiglia abbia il diritto di vedere un figlio e un fratello morto a 26 anni. E vogliamo che voi che leggete questo appello possiate conoscere la storia di Ousmane, la storia di un giovane uomo che non è morto per una fatalità ma per nutrire un sistema di sfruttamento.
Riporteremo Ousmane a casa sua, un villaggio di pastori vicino Kita, a 180 km dalla capitale Bamako. Ma abbiamo bisogno del vostro aiuto. Siamo già in contatto con l’ambasciata maliana per le pratiche; ma tra i costi di trasporto, quelli burocratici e la possibilità di dare una degna sepoltura a Ousmane abbiamo bisogno di chiedere il vostro aiuto.
Un sostegno per la sua memoria, per gli amici che lo hanno conosciuto e per la sua famiglia. Un sostegno che serve a farci aprire gli occhi su tutti gli altri braccianti che a Campolongo vivono, lavorano e quotidianamente rischiano la vita nell’abbandono e nella invisibilità.
I fondi verranno raccolti dall’associazione Frontiera Sud e gestiti assieme all’associazione Manden che si occuperà delle pratiche burocratiche, dei costi per il rimpatrio della salma, dell'organizzazione di un funerale in loco nonché delle relazioni con l’ambasciata maliana in Italia e con la famiglia in Mali.