THE PROJECT by GAC Factory

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CROWDFUNDING CON RICOMPENSE (info alla fine dell'articolo)

LA MIA STORIA E "IL MIO PROGETTO" -ita-

Sono Giuseppe Alberto Chiaradia jr, 25 anni, VOGLIO FARE I FILM e sono l'autore di “The Project”.

The project, per comodità comunicativa, può essere definito un talent-show cinematografico itinerante, tuttavia credo che sia più opportuno definirlo una competizione culturale, un agone cinematografico, una sfida tra racconta-storie oppure l'olimpiade dei circensi.

Io sono nato in un piccolo paese ella Calabria (Italy) affacciato sul mar Jonio che si chiama Trebisacce. Tre fratelli ed una sorella. Tante gioie e tante sofferenze. Con l'ambizione della cultura classica in sottofondo ed una terra molto spesso difficile da accettare, ho passato la mia adolescenza leggendo di nascosto i romanzi di Bukowski nelle ore di matematica, ma anche di fisica e molto spesso di biologia, dibattendo di pallone e sentimenti, cercando i film sulle bancarelle dei mercati del mercoledì o nelle infinite vie di e-mule (nella speranza non troppo infausta di non imbattermi in qualche filmino hard).

No so esattamente quando ho scelto il cinema, non so realmente se l'ho scelto... so che fin da piccolo sentivo una certa propensione verso alcune arti, prima la scrittura e la poesia, poi il disegno, poi la musica, poi la luce e quindi la fotografia e poi la drammaturgia...

Ben presto mi accorsi che non si trattava di nessuna di loro, bensì di tutte loro, e inevitabilmente mi ritrovai a capire quale potesse essere la strada per arrivare a dirigere un film.

Avevo 14 anni, mandai una lettera alla Rai con una sceneggiatura “La donna di legno “ , controllai per mesi, ogni giorno, la buca per la posta di casa nostra.

Nessuna risposta.

Ero un bambino, credevo davvero che da quella buca potesse comparire il mio invito a raggiungere gli studios.

Ci sono rimasto molto male.

Ma non poteva finire così.

Pertanto…

Alla fine dei divertentissimi giorni delle scuole superiori ho letteralmente attaccato un cuscino ad una scatola piena di sopressate e pomodori secchi, con una corda, in modo da avere l’altro braccio libero per la valigia grossa. Ho preso un autobus dalla fantomatica stazione di Sibari ,famosa per le banchine divenute paludi a causa di tutte le lacrime di madri e padri che si tramandano l’emigrazione da generazioni, e sono partito alla volta di Roma Caput Mundi, avevo 19 anni.

Ho studiato cinema, durante quegli anni ho lavorato sui set di altri studenti facendo l'aiuto regista, il fonico, l'organizzatore o qualsiasi cosa, pur di ricevere in cambio assistenza per la realizzazione dei miei cortometraggi da regista. Infatti gli accordi erano che se ad esempio io venivo a fare il fonico sul tuo set poi tu venivi a fare il fonico sul mio set o l’aiuto regista o lo scenografo... uno scambio di favori.

Con questa metodologia, molti amici ed alcuni pietosi atti di convincimento nei confronti di attori poco caritatevoli, sono riuscito a realizzare due cortometraggi: “Timeless” il primo e “All-in, una fede qualsiasi” il secondo. Grezzi, come bambini che gattonano goffamente guardando le gambe degli adulti muoversi con agilità ed eleganza. Qualcuno dirà che abbiamo realizzato spazzatura, ci può stare , ognuno ha le sue idee, è risaputo, però posso dire che dopo il primo “Motore” urlato sul mio set, ho chiaramente visto i miei pensieri prender forma, plasmarsi lentamente nell’intervallo tra un “azione “ ed uno “stop” , e la cosa sconvolgente, che ho realizzato più tardi, al montaggio, dopo una settimana, era che stava accadendo proprio questo. 

Non dovevo più utilizzare le parole, per raccontare quello che avevo in testa “bastava” fare dei film.

Questo idillio romanesco a tinte bohèmiene è stato interrotto bruscamente dal covid-19, che però, in un certo senso mi ha aperto le porte del mondo del lavoro.

Il connubio fra una serie di agevolazioni fiscali in soccorso al mondo delle produzioni cinematografiche, profondamente colpito dalla sopracitata pandemia, ed il timore dei tanti “over” (veterani dei set cinematografici italiani) di essere contagiati, ha fatto si che nell’estate del 2020 ci fossero molti film in produzione e poche maestranze.

25 luglio 2020, dopo aver inviato una miriade di e-mail a tutte le case di produzione che sono riuscito a reperire, ricevo una risposta da tale Andrea D* C*****, assistente alla regia di “Alfredino, una storia italiana” il quale mi informava che avevano apprezzato il mio curriculum e volevano incontrarmi per capire se potessi prendere il posto da stagista nel reparto di regia.

Ero al mare quando ho ricevuto la mail, l’ho richiamato subito, la linea non prendeva bene, ho spiegato che ero fuori città al momento e sfruttando il periodo storico ho chiesto se si potesse fare un colloquio on-line. Niente da fare. Volevano che andassi nel loro ufficio.

Allora ho preso l’asciugamano e le ciabatte, ho salutato i miei amici e sono ripartito, si trattava solo di un giorno, per il colloquio. Avevo lasciato la mia stanza di Viale Ippocrate 3 appena era scattato il Lock-down, dovevo dormire da una mia amica, abbiamo litigato verso le due di notte e sono finito a condividere un letto da una piazza e mezzo con il mio grande compagno di merende Vincenzo (Io 198cmx92kg, lui quanto me) che per fortuna dorme senza il silenzioso. Faceva un caldo indescrivibile.

26 luglio 2020, colloquio.

Ore 9.00 A.M sede Lotus production, Viale Mazzini, Roma.

Tanto caos nell’ufficio, un decina di porte che si aprivano a turno, qualche risatina quando dicevo di essere lì per il posto da stagista in regia. Un deliro ammiccante. Non mi tremavano le gambe, ero dove volevo essere. Conosco l’Aiuto regista, un altro Andrea, V******* questa volta. Due Andrea che probabilmente non dimenticherò mai. I toni erano leggeri, io pensavo che avremmo parlato di Fellini e Kubrick e dei film che avrei voluto fare (in seguito con i due Andre ne avremmo anche parlato), invece quella volta si sono assicurati che fossi auto-munito e che fossi una persona affidabile. 

Evidentemente hanno visto negli occhi di quel calabrese che cercava di contenere un poco la cadenza la voglia di fare qualcosa di buono.

Ero dentro.

Adesso non voglio fare la cronaca di tutti i miei giorni sui set, non è questo il contesto, magari ci saranno altre occasioni… però questa ve la devo raccontare. 

Prima ancora di arrivare sul set, sempre di “Alfredino” ho partecipato alla preparazione (periodo in cui si organizzano le giornate di set e tutti i fabbisogni della produzione) e dopo alcune giornate di agosto infernali, chiusi in un ufficio con aria condizionata spenta per contestazione popolare finalmente sono arrivati i giorni delle prime “letture” di copione con gli gli attori.

S’era fatto Settembre, eravamo negli studi De Paolis, sulla Tiburtina , a Roma, io dovevo andare a prendere gli attori all’ingresso ed accompagnarli in una stanza del piano superiore, nei pressi della sartoria, lì c’era Marco Pontecorvo, il regista della serie. 

L’attrice principale del progetto era Anna Foglietta, lo sapevo da un po’ di tempo, tutte le volte che ne parlavo con qualche amico, mi riteneva un privilegiato. Non penso che avessimo in mente le stesse motivazioni, ma lo ero. E vi dico perché.

Il primo giorno che la incontrai, non la vidi subito chiaramente, era coperta da occhiali da sole e capello ma sopratutto a differenza dell’accoglienza riservata agli altri attori, per lei, erano accorsi tutti: l’ispettore di produzione, l’organizzatore, l’aiuto regista e addirittura alcuni truccatori impegnati in altre produzioni, che volevano rivendicare un saluto o uno scambio di battute in onore di qualche collaborazione precedente.

Un discreto muro di persone la circondava e mi separava da lei, rimasi a distanza, non avevo il diritto di bypassare gli altri e presentarmi per primo, non era ancora il mio momento. E Allora rimasi a distanza, il suo profumo la faceva sembrare molto più vicina di quanto non fosse, era un profumo bellissimo, un po’ mi ricordava Kenzo, il profumo di mia madre, però non era quello, sembrava una fragranza personale , fatta solo per lei e sovrastava tutti: la misticanza di sudori settembrini, lo smog, l’odore del Mc Donald limitrofo e i cattivi pensieri.

Seguii la scia di profumo sempre a distanza, c’era così tanta gente che avrei voluto dire “oh, lasciatela respirare!” . Ma lei stava a suo agio, rideva spesso, anche la sua risata aveva un raggio molto ampio, al pari del profumo. 

Alla fine la fecero sedere in camerino davanti allo specchio, sulla poltrona del trucco, la fecero sdraiar e incominciarono a ronzarle attorno le operose Virna e Daniela. 

A me sembrava che fosse dal dentista. 

Finiti i provini trucco e parrucco tocca a me scortarla fino alla sala prove.

Non ero abituato a dare del tu alle persone più grandi di me, anzi un po’ mi dava fastidio questa confidenza gratuita che si permettevano un po’ tutti sul set. E allora mi uscì una cosa del tipo “Che acqua preferisce signora Anna?” Al che lei si girò, e mi scrutò com se cercasse di capire se fossi il figlio di qualche vecchio amico che le stava facendo una battuta, poi disse “E tu chi sei ?” un po’ il “E tu a chi appartens” tanto caro a noi calabresi. “Io sono Giuseppe, di regia” non me la sentivo di dire che ero lo stagista. Non era una bugia. Ero retribuito con un buono da 50 euro di gasolio a settimana (0,5 l di nafta/1h). Pertanto si trattava solo di un’omissione. Agli atti ero parte del reparto regia.

“ Per ANNA, acqua naturale” disse materna.

Emanavo stagismo da tutti i pori.

L’accompagnai nella sala della lettura, c’erano già gli altri membri del cast, c’era Vinicio Marchioni, Francesco Acquaroli, Luca Angeletti… a quel punto io ho chiuso la porta e mi sono seduto lì davanti.

Avevo un libro, stavo preparando un esame, lessi 8 pagine, mentre nella stanza alle mie spalle iniziavano a provare le prime battute. All’ottava pagina, mi sono fermato.

Era il primo tentativo da parte di Anna di riprodurre le urla della mamma di Alfredino, un bambino italiano che negli anni ottanta cadde in un pozzo artesiano di 60 metri. 

Erano i primi tentativi, non domati dal regista e non cadenzati di proposito.

Urlava, forte, fortissimo, piangeva e urlava. Era una mamma che urlava dentro un pozzo nella speranza di sentire la voce del figlio. Avevo letto molte volte la sceneggiatura, conoscevo la storia ed i personaggi, ma 

quel pomeriggio ho sentito Franca Bizzarri(madre di Alfredino) urlare nei campi di Vermicino, nella speranza che Dio quella volta le avesse concesso un jolly. L’ho conosciuta e ho percepito il suo dolore, che oltrepassava anche le mura.

Guardavo il libro, ma non leggevo più.

Mi scappò una lacrima.

Poi Il regista disse “E’ interessante, ma qui stai urlando troppo…” .

Dapprima, questo brusco intervento mi fece arrabbiare, poi mi venne da ridere, il regista stava solo facendo il suo lavoro.

Quel giorno, al buio di una sala impolverata degli studi De Paolis, Anna Foglietta, ha scardinato una porta senza toccarla e mi ha fatto tremare il cuore.

Me and Anna Foglietta on last set day of "Alfredino una storia italiana "

Da quel pomeriggio sono passati tre anni, in cui ho avuto il privilegio di lavorare con molti professionisti, conoscere tante persone, dalle quali ho ricevuto consigli e imparato tante cose arrivando alla conclusione che: NON VOGLIO PIU' CHE IL "GIOVANE REGISTA" ABBIA 40 ANNI e soprattutto vorrei che sullo schermo arrivassero storie, volti ed esperienze differenti.

I set dell’industria sono spettacolari, che vi devo dire, siamo in Italia non è l’America, ma io sono un ragazzo calabrese che è nato dove non c’erano cinema, figuriamoci se potessi mai immaginare di arrivare un giorno negli ingranaggi dietro allo schermo, lavorare lì, essere parte di quella carovana… avevo un ruolo nel circo.

Eppure da alcuni mesi ho lasciato il mio lavoro nel cinema “industriale” (ho dato il mio primo forfait ad un film) per inseguire il mio sogno: provare a fare il produttore cinematografico.

Il primo progetto al quale voglio dedicarmi si chiama “The Project” 

Per spiegarvi il contenuto di questa mia idea è necessario che vi faccia una breve distinzione fra i set industriali e quelli accademici.

Si lavora molto sui set industriali, le giornate durano minimo 10 ore ma spesso diventano 11 o 12 o 13… si corre molto, si litiga spesso (poi si fa la pace) alcune giornate sono veramente distruttive ma alla fine in un modo o nell’altro si tirano fuori cose grandiose. Ah! ....c'è uno stipendio.

Sui set accademici invece, si lavora tipo 18 ore consecutive, si mangia tutti i giorni pizza, spesso margherita, non ci sono stipendi (se non qualche euro per gli attori più riluttanti). Per farla breve non c’è un cazzo. Quei set però sono pregni di quello che secondo me è il segreto di ogni arte, sport o azione generica da compiere con un gruppo di persone: l’amicizia.

Chi è lì, c’è perché ci vuole essere veramente. 

E allora tutte quelle ore senza organizzazione a fermare il traffico abusivamente o ad entrare di nascosto nei palazzi abbandonati per avere una scenografia di alto livello a costo zero, sono nulla. E alla fine, non sempre, viene fuori qualcosa di bello anche così.

Da un pò di tempo sto pensando ad un modo per unire la maestosità e l’efficenza dei set industriali all’amicizia dei set accademici.

Dopo lunghe tribolazioni ho ideato “The Project”.

All’interno del manifesto (disponibile integralmente sul nostro sito web) troverete tutto quello che volete sapere sul “The project” . Se non avete il tempo di leggerlo potrete scegliere uno dei nostri video esplicativi nei formati da 1 min, 3 min o 3 scatti.

Per informazioni aggiuntive trovate tutti i nostri contatti sul sito gacfactory.com .

Saremo felici di parlare con voi e soddisfare tutte le vostre curiosità.

Quando vi chiedo di aiutarmi a raccogliere 50.000 euro per realizzare The Project, mi piace pensare che li stiamo raccogliendo per far realizzare cinque piccoli film a cinque gruppi di amici, che poi sempre con lo stesso gruppo potrebbero realizzare un vero e proprio film.

Fare film in amicizia, non suona male …

The Project non è il mio film , The Project è la mia idea di cinema. 

Enjoy THE PROJECT.

                              Giuseppe Alberto Chiaradia jr

P.S. 

La cifra di 50.000 euro è solamente la cifra da destinare alla produzione dei cortometraggi in concorso e non copre i costi di produzione. 

Tuttavia consideriamo di centrale importanza i budget da destinare alla realizzazione delle storie selezionate perché raggiunta la stessa non potrà fermarci nessuno, a costo di realizzare il programma con le videocamere degli Iphone.

REWARDS:

Per cifre superiori siamo aperti ad eventuali sponsorizzazioni o collaborazione che per ovvi motivi preferiamo discutere in separata sede. Tutti i nostri contatti li troverete al nostro sito web https://gacfactory.com

MY STORY AND MY "PROJECT" -eng -

Hi everybody, my name is Giuseppe Alberto Chiaradia jr, 25 years old, I WANT TO MAKE FILMS and I’m the author of "The Project" .

The project, for communicative convenience, can be called a cinematic touring talent-show bus I think it is more appropriate to call it a cultural competition, a film agon, a challenge between storytellers or the circus Olympics.

I was born in a small town in Calabria (Italy) overlooking the Ionian Sea 

And it is named Trebisacce. Three brothers and one sister. Many joys and many sufferings. With the classical culture ambition in the background and a land very often difficult to accept but unashamedly real, I spent my adolescence sneakily reading Bukowski's novels in math hours, but also in physics and very often in biology, debating about football and feelings, looking for movies on the stalls of Wednesday markets or in the endless e-mule avenues (in the not too inauspicious hope of not coming across some hardcore movie).

I don't know exactly when I chose film, I don't really know if I chose it... I do know that from an early age I felt a certain inclination toward certain arts, first writing and poetry, then drawing, then music, then light and then photography and then drama...

I soon realized that it was not any of them, but all of them, and I found myself figuring out what the path to directing a film might be.

I was 14 years old, I sent a letter to Rai with a script "The Wooden Woman" , I checked for months, every day, the mailbox in our house, no response.

I was a child, I really believed that from that mailbox could appear my invitation to join the studios.

I was very hurt.

But it could not end like that.

Therefore.

At the end of the fun-filled high school days, I literally attached a pillow to a box full of “sopressata” and sun-dried tomatoes, with a string, so that I would have my other arm free for the big suitcase. I took a bus from the fictitious Sibari station ,famous for the platforms that had become swamps because of all the tears of mothers and fathers passing on emigration for generations, and left for Rome Caput mundi, I was 19 years old.

I studied filmmaking, during those years I worked on the sets of other students being an assistant director, sound engineer, organizer or whatever, as long as I received in return assistance in making my short films as a director. In fact, the arrangements were that if, for example, I came to be a sound engineer on your set then you would come to be a sound engineer on my set or an assistant director or a set designer....

With this methodology, many friends and some pitiful acts of persuasion towards uncharitable actors, I managed to make two short films: "Timeless" the first and "All-in, any faith" the second.

Rough, like children crawling awkwardly watching the aduktis legs moving with agility.Somebody can sai they are garbage, i don’t know that, I can only say that after the first “Rolling" screamed on my set, I clearly saw my thoughts taking shape, shaping themselves slowly in the time between an "action " and a "stop" , and the shocking thing, which I realized later, at the editing, after a week, was that this was exactly what was happening. 

I didn't have to use words anymore, to tell what was in my head I "just" hai to make films.

This bohemian-tinged Roman idyll was abruptly interrupted by covid-19, which, in a sort of way opened to me the doors of the working world. 

The combination of a series of tax breaks coming to the rescue of the film production world, deeply affected by the aforementioned pandemic, and the fear of the many "over" (veterans of Italian film sets) of being infected, meant that in the summer of 2020 there were many films in production and few workers.

July 25, 2020, after sending a myriad of e-mails to as many production companies as I could find, I received a reply from Andrea D* C*****, assistant director of "Alfredino, una storia italiana" who informed me they liked my resume and wanted to meet me to see if I could take the internship position in the directing department.

I was at the beach when I got the email, I called him back immediately, the line was not good, I explained I was out of town at the time, and taking advantage of the historical period,I asked for an online interview. No luck. They wanted me to go to their office.

So I grabbed my towel and slippers, I said goodbye to my friends, and left again, it was only one day, for the interview. I had no more my room in Hippocrates Avenue 3 as soon as the lock-down had broke out I was supposed to sleep at my friend's, we had a fight around 2 a.m., and I ended up sharing a one-and-a-half bed with my big snack buddy Vincenzo (Me 198cmx92kg, him as much as me) who thankfully sleeps without the silent. It was indescribably hot.

July 26, 2020, interview.

9 a.m. A.M Lotus production headquarters , Viale Mazzini, Rome.

Lots of chaos in the office, a dozen doors opening in turn, a few giggles when I said I was there for the intern position in the director's depo. A winking delirium. My legs weren't shaking, I was where I wanted to be.

I meet the first AD, another Andrea, V******* this time. Two Andrea's I will probably never forget. The tones were light, I thought we were going to talk about Fellini and Kubrick and the films I wanted to make (later with the two Andreas we hai a speech about it), but instead that time they made sure I was self-appointed and that I was a trustworthy person. 

They evidently saw in the eyes of that Calabrian guy, trying to contain the cadence a little bit, the desire to do something good.

I was in it.

Now I do not want to do the chronicles of all my days on sets, this is not the context, maybe there will be other occasions ... however, I must tell you this one. 

Even before arriving on the set, always for "Alfredino" I participated in the preparation (period during the which the set days and all the production needs are organized) and after a few hellish days in August, locked in an office with air conditioning turned off due to popular protest, the days of the first script "readings" with the actors finally arrived.

It was September, we were in De Paolis studios, on Tiburtina , in Rome, I had to pick up the actors at the entrance and take them to a room on the upper floor, near the tailor's shop, where Marco Pontecorvo, the director of the series, gas.

The main actress in the project was Anna Foglietta, I knewn about that since the beginning. Every time I talked about it with some friends, he thought I was privileged. I don't think we had the same motivations in mind, but I was. And I'll tell you why.

The first day I met her, I didn't see her clearly right away, she was covered by sunglasses and hat, but especially unlike the welcome given to the other actors, for her, everyone was there: the production inspector, the organizer, the assistant director and even some makeup artists engaged in other productions, who wanted to claim a greeting or an exchange of jokes in honor of some previous collaboration.

A fair wall of people surrounded her and separated me from her, I stayed at a distance, I had no right to bypass the others and introduce myself first, it was not my time yet. And So I stayed at a distance, her perfume made her seem much closer than she was, it was a beautiful perfume, it reminded me a little of Kenzo, my mother's perfume, however, it was not that, it seemed to be a personal fragrance , made just for her and it overpowered everyone: the mystique of september sweats, the smog, the smell of the neighboring McDonald's and the bad thoughts.

I followed the trail of scent always at a distance, there were so many people I wanted to say “ehi everybody, let her breathe!" . But she was comfortable, she laughed often, even her laughter had a very wide range of sound, like her scent. 

Finally they sat her in the dressing room in front of the mirror, in the makeup chair, and the industrious Virna and Daniela began to buzz around her. 

It looked like she was at the dentist. 

Once the hair and makeup auditions were over, it was my turn to escort her to the rehearsal room.

I wasn't used to call people older than me "you," in fact I was a little annoyed by this gratuitous confidence that everyone on the set allowed themselves. So I came out with something like, "What water do you prefer Mrs. Anna?" Whereupon she turned around, and peered trying to figure out if I was the son of some old friend who was making a joke at her, then said "And who are you ?" a bit of the "And who do you belong to" so dear to us Calabrians. "I am Giuseppe, from directing" I didn't feel like saying I was the intern. It was not a lie. I was paid with a 50 euro voucher for diesel fuel/week (0.5 l of naphtha/1h). Therefore it was only an omission. On the record I was part of the directing department.

" For ANNA, natural water," said Motherly.

I was emanating stagism from every pore.

I accompanied her to the reading room, the other cast members were already there, there was Vinicio Marchioni, Francesco Acquaroli, Luca Angeletti ... I closed the door and sat there in front.

I had a book, "The Sunset of Reality" by Vanni Codeluppi , I was preparing an exam, I read 8 pages, while in the room behind me they were starting to rehearse the first lines, on the 8th page, I stopped.

It was Anna's first attempt to reproduce the screams of the mother of Alfredino, an Italian child who fell into a 60-meter artesian well in the 1980s. 

They were the first attempts, not tamed by the director and not purposely cadenced.

She was screaming, loud, very loud, crying and screaming. She was a mother screaming inside a well in the hope of hearing her son's voice. I read the script many times, I knew the story and the characters, but that afternoon I heard Franca Bizzarri (Alfedino's mother) screaming in the fields of Vermicino, hoping that God had granted her a wild card that time. I got to know her and felt her pain, which went beyond even the walls.

I looked at the book, but I was no longer reading.

A tear escaped me.

Then The director said, "It's interesting but here you are shouting too much... ."

I was angered at first because of this abrupt intervention but then I laughed, the director was just doing his job.

That day, in the dark of a dusty room at De Paolis Studios, Anna Foglietta, unhinged a door without touching it and made my heart tremble.

Me and Anna Foglietta on last set day of "Alfredino una storia italiana "

Three years have passed since that afternoon, in which I have had the privilege of working with many professionals, getting to know many people, from whom I have received advice and learned many things, coming to the conclusion that: I NO LONGER WANT THE "YOUNG DIRECTOR" TO BE 40 YEARS OLD, and above all I want different stories, faces and experiences to come to the screen.

I want to do it now.

The industry sets are unbelievable, what can I say, we are in Italy it is not America, but I am a boy from Calabria who was born where there were no cinemas I could never imagine to arrive one day, in the gears behind the screen, working there, being part of that caravan...I had a role in the circus. Since few months now I have left my job in "industrial" cinema (I gave my first forfeit to a film) to pursue my dream: trying to be a film producer.

The first project I want to devote myself to is "The Project." 

To explain the content of my idea, it is necessary for me to make a brief distinction between industrial and academic sets.

A lot of work is done on industrial sets, the days last a minimum of 10 hours but often they become 11 or 12 or 13... there is a lot of running around, a lot of arguing (then making up) some days are really destructive but in the end one way or another great things are brought out.

On the academic sets on the other hand, you work like 18 hours straight, you ate pizza every day, often margherita, there are no salaries except for a few euros for the most reluctant actors, to make a long story short there isn’t anything. Those sets, however, are imbued with what I think is the secret of any art, sport or generic action to be performed with a group of people: friendship. Those who are there they really want to be there. 

And then all those hours without an organization to stop traffic illegally or sneak into abandoned buildings to have a high-end set design amor free is nothing. And in the end, not always, something beautiful comes out even so.

Since a lot I have been thinking of a way to combine the majesty and efficiency of industrial sets with the friendliness of academic sets.

After long tribulations I came up with "The Project."

Inside the manifesto you will find everything you want to know about "The Project" . If you do not have time to read it you can choose one of our explanatory videos in 1 min, 3 min or 3-shot formats.

For additional information you will find all our contacts at gacfactory.com .

We will be happy to talk with you and satisfy all your curiosities.

When I ask you to help me raise 50,000 euros to make The Project, I like to think that we are raising them to have five small films made by five groups of friends, who then always with the same group could make a real film.

Making films in friendship, it doesn't sound bad ...

The Project is not my film , The Project is my idea of filmmaking. 

Enjoy THE PROJECT.

                              Giuseppe Alberto Chiaradia Jr.

P.S. 

The figure of 50,000 euros is only the amount to be allocated for the production of the short films in the competition and does not cover production costs. 

However, we consider the budgets to be allocated to the production of the selected stories the centre of our project. Because if we reach that, no one can stop us, even if we have to make it with iPhone cameras.

REWARDS:

For higher amounts we are open to sponsorship or collaboration, which for obvious reasons we prefer to discuss separately. You will find all our contacts at our web-site https://gacfactory.com