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Illuminiamo le terre di Maria

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L’azienda agricola porta ancora il suo nome, quello di Maria Chindamo, giovane donna scomparsa a Limbadi il 6 maggio 2016. Dopo anni di faticosa gestione contro diversi ostacoli, oggi l’azienda di Maria è parte del Consorzio Goel Gruppo Cooperativo. L’azienda sorge sui terreni agricoli a Limbadi, territorio- come dimostrano diverse indagini- con un alto livello di controllo ‘ndranghetista, contesto nel quale si sviluppa la storia di Maria Chindamo.
Perché la sua è una scomparsa in cui si riconoscono tracce di mentalità, di simboli e codici che riportano a una radice ben precisa, quella ’ndranghetista. Maria Chindamo era una donna forte, libera, madre e dottoressa commercialista, decisa a creare e portare avanti l’azienda su quei terreni a lei intestati ma originariamente appartenuti alla famiglia del marito, morto suicida esattamente un anno prima della sua scomparsa in seguito alla loro separazione. Maria decide di occuparsi direttamente di quei terreni riorganizzando l’impresa agricola, lavorando sodo e impegnandosi in un ambito nuovo con innovazione e scrupolosità. Non cede nemmeno davanti agli ostacoli quotidiani che le si pongono davanti, dispetti e strane coincidenze alle quali decide di non dare peso, consapevole di dover andare avanti anche per i suoi tre figli.
La mattina del 6 maggio, Maria si reca sui suoi terreni per fare un trattamento speciale alla piantagione di kiwi, e proprio davanti al cancello, come dimostreranno le indagini, viene aggredita e portata via. Tutto questo è oggetto di indagine da parte della procura antimafia e del processo per l’uccisione di Maria che si sta celebrando in questi mesi a Catanzaro.

Maria ha sfidato le regole imposte, “non ha mai perso il sorriso, con il suo stile elegante e curato”, ha continuato per la sua strada, ha scalfito la terra e l’onore, in un contesto in cui “il legame con la terra, è vitale” come spesso racconta il fratello, Vincenzo chindamo.
La storia di Maria, ha colpito dritto al cuore identitario di questi contesti, con la forza di una soggettività intrisa di libertà e forza d’animo. Dal giorno della sua scomparsa la famiglia di Maria, la madre, il fratello Vincenzo e i tre figli continuano senza sosta a chiedere verità su quanto accaduto ma soprattutto a essere testimoni, con una presenza discreta e forte, dell’esperienza e dell’esempio di Maria. L’impegno della famiglia Chindamo, che in questi anni ha avuto una eco mediatica soprattutto nazionale, è volto quindi non solo alla verità, a sapere dove è stato sepolto il corpo di Maria, ma anche alla tensione verso un cambiamento che è soprattutto culturale.

La storia di Maria non può essere taciuta; è la storia di una azienda agricola calabrese fondata da una donna che ha costruito dignità e lavoro per se stessa e per i suoi figli; è la storia di una memoria che diventa emblema di lavoro e dignità.

Questa terra, questa azienda, questa storia dev’essere tutelata in tutti i modi. A chi pensa che sia la terra di nessuno, la famiglia insieme ad amiche e amici ha risposto con forza e scelte consapevoli e condivise: la nascita del comitato “Controlliamo noi la terra di Maria” ne è stato uno degli esempi, facendo parte di una rete di cittadine e cittadine, di associazioni e istituzioni che in questi nove anni hanno presidiato anche simbolicamente i terreni e la memoria di Maria. Un presidio e una cura che è diventata progettazione di uno spazio fisico in cui condivisione, memoria e cultura si fondono in una idea di trasformazione dei territori e delle coscienze.
Oggi, grazie anche al sostegno di Artemide, queste terre verranno illuminate, ed arricchite di un’opera e del cancello dell’artista Luigi Camarilla restituendole così alla comunità con uno spazio giardino dedicato a scuole.

Di questa grande comunità sono parte: Centro Comunitario Agape, Libera, GOEL Gruppo Cooperativo, Comunità Progetto Sud, Penelope Italia, CCO Crisi Come Opportunità, Fondazione Una Nessuna Centomila e il Centro di Women’s Studies “Milly Villa” dell’Università della Calabria, e si arricchisce dell’espressione artistica come strumento di cambiamento.

La raccolta fondi- finalizzata ai lavori di ampliamento, illuminazione e predisposizione del giardino e degli spazi finalizzati alla condivisione di momenti pubblici, di confronto ed iniziative con e per i giovani- vuole essere uno strumento di partecipazione di tutte e tutti, contribuendo al riscatto di uno spazio e di un territorio, nonchè alla costruzione di percorsi di liberazione e dignità a partire dalla storia di Maria Chindamo.

Nemo

Quarto Grado


Articolo 21

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